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Tutto il gusto del sushi con la coscienza pulita

Ecco come un ristoratore zurighese dichiara guerra allo spreco alimentare entusiasmando al contempo i suoi esigenti clienti.

Quando Amit Shama, proprietario del Kai Sushi, parla del suo impegno contro lo spreco alimentare, inizia solitamente con un racconto tratto dalla sua infanzia, trascorsa nella città portuale di Haifa, in Israele. «All’epoca mia nonna sfornava sempre una quantità industriale di pane per il fine settimana. Mangiavamo i resti di lunedì oppure di martedì, preparandoci un french toast». Per cui non si gettava nulla: un principio a cui Shama è fedele ancora oggi, nonostante il pesce crudo servito in un ristorante di sushi debba essere sempre freschissimo.

A tale scopo l’appassionato ristoratore, che ha avviato la propria attività in un piccolo locale situato a Zurigo Oerlikon, ha individuato una soluzione tanto semplice quanto efficace per tutti i suoi tre ristoranti. Dopo il pranzo, ovvero il pasto principale servito sul kaiten, un nastro trasportatore sempre ricco di vivande, Shama propone i resti come late lunch dalle 13:30 alle 14:15, comprese la zuppa di miso o gli edamame, il tutto al prezzo speciale di soli 29 franchi a testa.

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Amit Shama, proprietario del Kai Sushi

«Le pietanze che girano sul kaiten variano a seconda di quanto è affollato il locale e delle preferenze dei clienti durante il regolare orario in cui serviamo il pranzo», spiega Shama. «Per noi è comunque fondamentale proporre agli ospiti un pranzo davvero ricco che corrisponda al denaro speso. Questo è il motivo per cui non accettiamo prenotazioni per l’offerta speciale late lunch». E l’idea di Shama è coronata da successo, poiché tutti ne traggono beneficio, dal ristorante alla clientela, che ovviamente può gustare prodotti esclusivi a un prezzo più che equo, senza trascurare l’ambiente.

Il Kai Sushi valorizza anche parti del pesce sottovalutate, come ad esempio la testa del salmone grigliata su carbonella, lodata dalla rivista di intenditori «falstaff». Non manca neppure la pancia del salmone, che malgrado porti a casa il titolo di pezzo migliore in fatto di sapore, spesso finisce nel bidone della spazzatura semplicemente per via dell’aspetto più pallido rispetto al filetto. La pancia del tonno invece, ricca di grasso e detta «toro» in giapponese, costituisce una delle prelibatezze più esclusive in assoluto, persino nei ristoranti stellati nostrani.

Amit Shama afferma che non si può ridurre il concetto di sostenibilità a una mera etichetta. «Il tema va ben oltre i confini del dibattito sui prodotti biologici. Per me è infatti altrettanto importante utilizzare tutto il possibile da qualsiasi animale. L’ultima novità da noi proposta è la cervice della ricciola del Pacifico, quindi la parte carnosa dietro alla testa di questo possente pesce». Scommettiamo che anche questa pietanza conquisterà gli ospiti zurighesi?


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